Bisognerebbe imparare a fermarsi.



Come credo tutti quanti, in particolare ogni mamma, sono rimasta violentemente colpita dalla tragedia della bimba scordata in auto nei giorni scorsi. Credetemi inorridisco solo a pensare di aver scritto l'ultima frase.
Davvero, io è una cosa che non mi riesce di concepire.

Ho letto con attenzione, partecipazione, irritazione, dolore e rabbia e fastidio ogni nuovo post sui social; non so nemmeno perché ne sto scrivendo perché la mia tendenza è quella in genere dell'osservazione. 
Ma.
Ma mi vien da chiedermi se, ultimamente, non stiamo trascendendo. Ci sentiamo tutti autorizzati a dire la nostra, a volte con una cattiveria inaudita, a volte con sentenze o superficialità spaventose. Ho sempre la sensazione di leggere non tanto parole, ma sentimenti repressi, rabbia e opinioni che non si è più capaci di esternare se non su una pagina di facebook o di twitter. Salvo poi pubblicare foto idilliache su Instagram. 
Insomma, cos'è che ci sfugge? Cos'è che ci sta scivolando tra le mani, sul cuore, intorno agli occhi, e che non vediamo più? La semplice realtà?

Ok, sono mamma anche io.
Ho provato a immedesimarmi, lo giuro. Lo faccio sempre, ma questa volta non ci riesco. Chiariamoci subito: io non sono né mi ritengo una mamma perfetta. Io le ho sempre invidiate 'quelle lì', e anche mi son sempre chiesta come riuscissero a far tutto. Tacchi trucco e telefono all'orecchio già alle 8 di mattina, organizzatrici di parties and events all'oratorio per qualsivoglia occasione, rappresentanti di classe, di istituto, di mamme, di comitati. Case perfettamente in ordine e luccicanti. Grembiulini immacolati ogni mattina e - questo è peggio - a ogni uscita di scuola, quando i miei parevano usciti da una sessione di lotta nel fango. Bambine sempre perfettamente in ordine e geneticamente impossibilitare a spettinarsi, quando mia figlia all'uscita di scuola sembrava salvata dalla giungla.
Insomma, ogni tanto trovo una mamma come me e la domanda che ci si pone è sempre la stessa: ma come fanno?

E mi fermo, perché potrei fare una lista di cose assurde che vedo e sento da qui all'infinito.
Ho letto di una mamma che lasciava il figlio a scuola per farlo ritirare dalla mamma di una amichetta, farlo raggiungere poi dalla tata che, infine, l'avrebbe depositato dai nonni.
Si legge di scuole che affiggono manifesti sulle porte invitando i genitori a non stare al telefono almeno mentre ritirano i figli. 
Si guardano genitori smarriti leggere di blue whale, di baby prostituzione, di droga, eccetera.
Si costringono i figli a un milione di attività extrascolastiche, senza però avere la faccia cruda di ammettere che è per avere più tempo per lavorare.
Si vestono i bambini come gli adulti (o gli adulti come bambini?) per vederli più simili a noi.
Vogliamo parlare delle scuole a tempo pieno 8-16? Siamo certi certissimi che ci mandiamo i nostri figli per loro e non per aver più agio, meno ore da 'tappare'?

Cosa sta succedendo? 
Lo so, io non sono la persona migliore per parlare di tutte queste cose. Ho scelto di lasciare molto tanti anni fa, di andare in cerca di una vita più... concreta. E ho scelto di non essere una delle mamme 'fuori da scuola'.
Personalmente, non ho nonni, zii o parenti che mi hanno mai aiutato, se non per brevi periodi (e, fidatevi, li ho purgati tutti con gli interessi).
Ho fatto un milione di errori con i miei figli. Ho preso decisioni sbagliate. Qualche volta ho sbroccato, urlato pianto e insultato. E' capitato che per lavoro li ho trascurati. Non mi è mai piaciuto giocare con loro. Odio partecipare alle festine di compleanno. 
Però li ho sempre avuti sotto controllo, mai lasciati a se stessi; li ho sempre osservati e ascoltati; non amando i loro giochi, ho insegnato loro altre cose da fare insieme; li lascio liberi di esprimere la loro creatività, senza però consentire che la mia vita sia condizionata totalmente dalla loro. Li sgrido, li riprendo, li abbraccio, li coccolo, li accontento quando è giusto, li premio. 
Li osservo. Insegno loro che quando una cosa non fa star bene è meglio cambiarla. 
Esco poco senza di loro. Al cinema da soli, io e mio marito ci andiamo forse due volte all'anno. La cena romantica? Una volta, due. Gli amici?? O pacchetto completo - siamo in quattro - o la socialità è complicata.

Però MAI, giuro MAI potrei dimenticarmi di averli con me. Non mi sento migliore di quella mamma. Mi sento solo più PRESENTE. Perché ho capito che a volte bisogna rallentare. Bisogna sapersi fermare quando è troppo. Litigare col marito se non aiuta. Abituarsi ad avere la casa in disordine se non si riesce. Però bisogna abituarsi anche ad avere del tempo per stare con loro. Rinunciare a qualcosa. Soprattutto, abituarsi a capire che il corpo NON è una macchina, non può e non deve andare in black out. Bisogna prevenire; dormire, riposarsi. Leggere. Avere qualche momento di relax, ma che lo sia sul serio.

Mi dispiace, non capisco. Non giustifico.
Mi sento in empatia con quella mamma, perché non oso immaginare il dolore, il senso di colpa, e mi chiedo come mai farà a vivere ancora, dopo tutto questo. Ma non posso dire 'può capitare a tutte noi', perché non è così. 
Smettiamola di giustificare e di essere buonisti. Abbiamo delle responsabilità. 
Non posso nemmeno sentir parlare di un meccanismo che 'previene', che ti ricorda che tuo figlio è in macchina.
Ma stiamo scherzando?

Signori, mettiamoci una mano sul cuore. Siamo tutti genitori imperfetti. Tutti a volte abbiamo esagerato. Tutti spesso abbiamo mancato. Tutti, chi più chi meno, abbiamo avuto brutte esperienze, storie tristi nella vita. Ma questo non giustifica!
L'essere umano ha un istinto infallibile, un limite che non può essere valicato. 

E invece pare che ci vogliamo abituare che, quando si valica, è normale. 
Non lo è, non lo accetto.





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