Consigli di lettura: IL GIORNO MANGIA LA NOTTE di Silvia Bottani

"Si difendevano ostentando dignità, i gerani alle finestre, lo zerbino pulito, le etichette sul citofono tutte uguali".

In questo tempo, che definire strano è riduttivo, mi trovo a fare quel che più mi piace (leggere) con uno spirito un po' diverso dal solito.
E' come se ogni pagina potesse acquistare un significato diverso, soltanto perché viene affrontata in un momento in cui, appesantiti da preoccupazioni e da un blocco oggettivo, fisico, l'unica cosa libera di vagare è la fantasia. Così pare che le descrizioni, le atmosfere, i colori, e le caratteristiche di ogni personaggio possano penetrare di più, possano aiutare maggiormente in un'evasione che forse è solo mentale, ma che da un certo punto di vista è quella più violenta e totale a cui possiamo aspirare. La mente non si può chiudere in gabbia!

Con questo spirito - e perdonate la digressione - ho letto in questi giorni un romanzo d'esordio, Il giorno mangia la notte di Silvia Bottani. 
Si tratta di un libro che a mio parere ha molti punti di forza, ed è sorprendente quanto la scrittrice sia stata in grado di muoversi con naturalezza in un ginepraio, quale è la scrittura di un romanzo, mantenendo forza e coerenza dall'inizio alla fine.



Il primo aspetto di questo libro che mi è piaciuto sono le descrizioni. Entrano a far parte della narrazione quasi incidentalmente, senza farsi notare, ma con un'efficacia incredibile, capace di dare al lettore la visione netta e lucida del panorama metropolitano di una Milano che alterna il degrado al lusso, la violenza al silenzio. 

"Arrivata davanti al portone del palazzo, osservò la facciata dello stabile signorile. I motivi liberty distinguevano le case dell'alta borghesia dai palazzi popolari, dove antenne paraboliche e tende verdi sbiadite coprivano balconi stipati di cianfrusaglie ed erano gli unici ornamenti, a parte le scritte inutili, i cazzi, le frasi d'amore iperboliche. Il vuoto architettonico delle case dei poveri rinfacciava al mondo la propria miseria". 

Milano, quindi, è la città in cui è ambientata la storia; ma è talmente densa la percezione della città e delle sue contrapposizioni che pare diventi Milano stessa un personaggio, non solo uno sfondo, non solo un "luogo". La storia vive, pulsa, perché a farle da cornice è proprio questa città, da cui ci si può aspettare qualsiasi creatura. E, a mio parere, le creature a cui l'autrice dà vita sono irresistibili. I personaggi di questa storia sembrano respirarci accanto, sono talmente vivi che via via si ha sensazione di percepire l'odore delle loro paure, dei loro fallimenti, dei loro sforzi per restare a galla, per trovare una via. 
La storia ruota intorno a tre personaggi principali, Naima, Stefano e Giorgio, e racconta le loro vicende e i rapporti tra loro e tra gli altri personaggi che, come satelliti, intorno ad essi gravitano. Sono tre personaggi intensi, e c'è un certo stridore, tra loro, come se non potesse esistere alcun legame tra di essi. In realtà uno dei legami più forti è l'accadimento descritto all'inizio del libro, ma i personaggi non ne sono consapevoli. E, curiosamente, questo legame, questo episodio, non si risolve con la storia. Rimane lì, a far da sfondo alla narrazione, a far riflettere il lettore su quanto il destino sappia a volte essere beffardo.
C'è anche un altro elemento molto forte, nella narrazione, ed è la fisicità di corpi che hanno un impatto importante sul lettore, durante gli allenamenti in palestra, durante gli incontri sessuali, o gli scontri, le lotte, le risse, le serate in discoteca. I colori dei corpi spiccano al nostro occhio, a volte con un eccessivo contrasto. Così i personaggi non sono soltanto azioni o descrizioni, ma assumono un aspetto plastico che molto influisce sulla consistenza di questo libro. 

C'è un esito ottimistico, speranzoso, in questa storia, lo si percepisce, lo si intravede in un'acqua buia che chiude il romanzo. E c'è anche il fastidio, persistente e invadente, per il personaggio "sbagliato", sgradevole, che con il suo fare condiziona le vite degli altri due. Si tende a desiderare che poi venga punito, che venga fatta giustizia, ma la storia non ce lo dice. Rimane anche nei suoi confronti una speranza di giustizia, legata a un certo nome in una certa lista in mano a certi esattori, e niente più. 
Però è sufficiente. 
Questo libro è sufficiente a dare uno spaccato, a mettere in discussione tutti i luoghi comuni di cui siamo vittime, dall'integrazione al razzismo al fascismo all'omosessualità e all'omofobia, dal degrado all'emarginazione alle dipendenze, semplicemente portandoci lì in mezzo e lasciandoci osservare. Non c'è GIUSTO o SBAGLIATO in questo libro, ci sono delle cose e c'è la vita di tutti i giorni. E non si può non credere che la vita di tutti i giorni sia pregna di quelle cose.
Inutile rinnegare, inutile sfuggire, inutile ignorare.

Penso che l'invito ultimo della scrittrice sia quello di abbracciare e di accogliere, le diversità, le fobie, le paure, le contraddizioni. Ma non spinge in quella direzione, lascia che il lettore decida da sé.
E forse è questo aspetto che, del libro, ho amato di più.

"L'acqua era nera, nero il cielo e l'erba sui fianchi delle rive, ma anche l'aria e i loro profili ritagliati dalla luce dei lampioni. Naima si chiese quanti neri avesse conosciuto: nero piombo, nero pece, nero inchiostro, il nero della pelle, il nero del legno bruciato e quello dei propri capelli, (...). Provò a raccogliere tutti i neri visti e immaginati. Quando finì, si erano sciolti in un unico buio notturno, un'oscurità pacifica dentro alla quale riposare, almeno per un po' ". 

Niente letture soft, insomma, per questo nostro isolamento!

A presto,
L. 



Silvia Bottani, Il giorno mangia la notte, SEM Editore, 2020.
€ 17,00


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