Consigli di lettura: FEBBRE, di Jonathan Bazzi

 "Ci scegliamo per compensarci, in modo sano o disfunzionale,
ci si incastra usando le ferite originarie."


Ho deciso di leggere Febbre, romanzo di esordio di Jonathan Bazzi, perché mi ha incuriosito la sua presenza tra i finalisti del premio Strega, quest'anno. Innanzitutto la novità: sei finalisti anziché cinque - che succede? E poi il tema dell'HIV, forte senza dubbio ma, ahimè, ancora capace di produrre scandalo. Infine, un commento dell'autore, quando è stato intervistato riguardo alla sua presenza tra i finalisti: vincere il premio gli pareva "troppo". Chi è questo scrittore?, mi sono chiesta.

Ebbene, sono soddisfatta di aver letto questo libro. Lo consiglio a tutti, a tutti. Con un'accortezza: leggetelo senza pregiudizi, senza paura, con rispetto per quest'anima sensibile che vuole farsi notare, vuole affermare in maniera sfacciata il suo essere se stessa.

"Il mio egocentrismo è radicale, ovvero implorante.
Aiutami a stare nel mondo, aiutatemi a non scomparire."

La trama del libro è autobiografica, perlopiù: dopo un periodo di febbre anomala, spossante, che si manifesta all'improvviso e sembra non volersene andare, il protagonista scopre, nel 2016, di essere sieropositivo. Il romanzo ruota intorno alla scoperta e all'accettazione della malattia, e al racconto della propria infanzia e adolescenza: dai problemi con Rozzano e gli abitanti dei quartieri popolari ("Rozzangeles") alla balbuzie e alla consapevolezza di Jonathan, fin da bambino, di essere gay. 

In realtà, più che soffermarmi sulla storia in sé, che non credo necessiti di particolari approfondimenti, ci tengo a parlare di un tema che sboccia tra le righe, ma che è a mio parere il vero filo conduttore del libro: l'amore. L'amore nelle sue forme principali, più evidenti e che si danno per scontate: quello che si prova per la propria famiglia, per i primi innamorati, l'amore per un compagno di vita, per gli animali, per gli amici. 

"Mamma e papà, ormai le nostre vite si incrociano solo 
nei giorni festivi o per decreto del giudice.
Più che vedervi vi immagino.
L'amore dei miei è un postulato, un'emanazione della mia solitudine."

Jonathan, bambino prima e poi uomo emotivo e delicato, ma allo stesso tempo egocentrico, colto, implorante, per tutta la vita deve fare i conti con la propria omosessualità, con i limiti che i problemi familiari hanno imposto alla sua formazione individuale, con le paure delle prime esperienze sessuali. Perché, ovviamente, anche il sesso è un tema strisciante del libro, che a tratti compare, impudente, ma solo per aumentare la caratterizzazione di un personaggio che sente la necessità di parlare, di far sentire la propria voce in un mondo che, quando si tratta di omosessualità, ancora non è aperto alla condivisione dell'intimo. Non lo sono forse nemmeno i protagonisti, che trovano il loro spazio attraverso le chat, attraverso incontri anonimi, squallidi e frettolosi. 

"Vivere il sesso con leggerezza: perché non ci riesco?
Il sesso occasionale c'è stato, l'ho cercato, l'ho fatto, 
ma sempre occultato, nascosto - mai argomento di conversazione."

Eppure il sesso è un'urgenza, è uno stimolo vitale e necessario che si piega purtroppo ai pregiudizi e che rinfocola dannosi sensi di colpa. Il sesso per Jonathan è una macchia, una colpa che nasconderà a lungo in se stesso.

"Vent'anni, ventidue, ventisei: (...) imparo a sottrarmi alla dipendenza, diminuisce la vergogna, 
smetto di usare il sesso per boicottarmi."

Naturalmente, è anche l'HIV uno dei temi portanti del libro, un virus di cui ancora si conosce troppo poco, di cui si parla solo in determinati ambienti, quelli "a rischio", e sempre con vergogna e una sorta di omertà. Perché? Perché, mi domando, la sieropositività oggi, nel 2020, è ancora un tabù? Soffre ancora del bollino di colpevolezza che tutti, inconsciamente più o meno, tendevano ad affibbiarle negli anni Ottanta e Novanta? Perché non c'è informazione, condivisione? Perché non se ne parla mai? 

"Con l'HIV in un attimo tutto diventa allegorico, faccenda da predestinati.
Sto con lui perché così doveva essere: 
era per natura protetto dal male, è il prescelto (...), così mi racconto, 
assecondando la vocazione dell'HIV a essere più simbolo che malattia,
più metafora che condizione fisica."

Credo che questo romanzo sia fondamentale, immancabile nella biblioteca di quelle persone che amano farsi delle domande, tentare di trovare delle risposte e frugare oltre alle apparenze. E' scritto in un tono asciutto, paratattico, quasi impersonale, con uno stile efficace e crudo, che aiuta esso stesso a far risplendere il calore di ciò che, oltre alle righe, viene esposto in quanto esigenza umana, terrena: trovare il proprio posto nel mondo, essere amati e riconosciuti, in primis dalle persone che si amano di più. 

"Ho sempre pensato che l'amore mi avrebbe difeso, che fosse la miglior forma di protezione.
Pensavo che dall'amore non potesse venire niente di male.
Sortilegio, conversione alchemica: al male eventuale l'amore cambia di segno.
Lo ingloba, lo riassume in sé, ammaestrandolo, rendendolo parte del cerchio magico."

E' un libro deciso ma fragile, storia di contraddizioni ed esitazioni, di paure e di ricerca. 

"Al bivio tra egoismo e altruismo faccio i conti col mito dell'amore incondizionato."

Satura delle riflessioni che questo romanzo mi ha scatenato, mi sento di consigliarvi, se anche voi siete sensibili a certi temi, un altro paio di testi:

Il Contagio, 
di Walter Siti
Rizzoli - 2017
€ 19,00

Che, per intenderci, non ha niente a che vedere con il Covid (!), e nemmeno con l'HIV; lo consiglio però perché la dimensione di Rozzano descritta da Bazzi ha secondo me dei forti parallelismi con le borgate di Roma descritte da Siti; gli individui che le abitano, le aspirazioni, le violenze, la povertà, la mercificazione dei corpi, sono esposti qui da un punto di vista diverso ma che concorrono a dare uno spaccato della società contemporanea, oltre gli schermi, i social, la TV.

E poi vi suggerisco un saggio, ormai datato, ma che in questo periodo mi sembra sempre più attuale:

Malattia come metafora. Aids e cancro,
di Susan Sontag
Einaudi - 1997
€ 17,00

E' un saggio che affronta soprattutto la paura davanti a malattie quali AIDS e cancro, e i meccanismi con i quali esse, in quanto metafore, agiscono nell'immaginario sociale.

Vi saluto con un'ultima, grande citazione da Febbre:

"Davanti al pregiudizio reagire alzando la posta: meglio tacere? 
Lo sapranno anche i muri.
(...) Io sono cresciuto in un'intercapedine, respirando una bolla d'aria diversa.
Ho conosciuto lo sradicamento silenzioso, il vuoto della non appartenenza.
Mi sono abituato all'idea che mi dovrei vergognare di quello che sono 
e ho capito che il patto velenoso si può spezzare raccontando tutto.
Esporre il copione, il regolamento.
Appropriarsi a proprio modo dello spazio dell'esclusione,
introdurre una falla nel sistema e stare a vedere."

Stiamo a vedere.
Baci,
L.







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