Consigli di lettura: IL TEATRO DEI SOGNI di Andrea De Carlo

Giornalisti e blogger si tuffano su questo sviluppo inaspettato.
(...) 
La diretta è partitaanche se non come si aspettavano, 
il tempismo c'è tutto.

Solo in questo momento scopro con sorpresa che non ho mai scritto una recensione dei libri di Andrea De Carlo; eppure - chi mi conosce lo sa bene - è un autore che amo molto, uno tra i miei scrittori preferiti, fin dal suo esordio con Treno di Panna. Credo di aver consigliato a chiunque sulla faccia della terra di leggere Due di Due, romanzo che  mi ha cambiato la vita davvero (anche se in quale modo e forma l'ho scoperto soltanto da pochi anni!). 

Comunque: è in libreria da poche settimane l'ultima fatica di De Carlo, Il teatro dei sogni, edito da La nave di Teseo.
La storia ruota intorno al ritrovamento di un anfiteatro dalle fattezze ellenistiche (ma prontamente rinominato "l'antico teatro italico" in virtù di una sorta di orgoglio nordico), nel giardino di un bizzarro archeologo che lo riporta alla luce con mezzi privati. Di tale scoperta si viene a sapere attraverso la TV, tramite una giornalista d'assalto, inviata speciale di un programma-contenitore pomeridiano da milioni di ascolti. 
Naturalmente, davanti all'importanza del ritrovamento, non può non scatenarsi la politica, che nel romanzo ha il volto della politica locale, e si sdoppia nelle figure del sindaco di un comune di provincia e del vice-sindaco donna, assessore alla cultura, della cittadina che fa da capoluogo alla provincia medesima. Attraverso diverse rivendicazioni i due comuni sfoggiano l'appartenenza alle opposte fazioni e tentano in tutti i modi di accaparrarsi i titoli di sfruttamento del suddetto anfiteatro.

Sono diversi gli attori che recitano sul palcoscenico di questo romanzo, ma la vicenda si narra in particolare attraverso le azioni dell'affascinante archeologo e della giovane giornalista; del vice-sindaco che tenta in tutti i modi di affermare la propria cultura e femminilità in un mondo soffocato dal maschilismo e, infine, anche attraverso la figura provinciale e un po' caricaturale del sindaco del comune minore. Ognuno di loro recita con pertinenza il ruolo assegnato dall'autore e molto ben definito, quasi atteso dal lettore, dall'inizio alla fine. Però, fatta eccezione forse per l'archeologo, che fin da subito ci viene presentato come un personaggio eccentrico ma dalle idee salde, in tutti quanti, a un certo punto della storia, prende avvio un'evoluzione. Sarà un'evoluzione appena accennata e inconsapevole, utile soltanto a mettere in mostra le debolezze di donne e uomini in fondo comuni, affannati nelle loro vite quotidiane, confusi dalle proprie aspirazioni.

Lo segue come se seguisse un'idea che la attrae e la preoccupa in ugual misura;
le sembra di non stare facendo niente di sbagliato,
le sembra di essere sul punto di mettersi nei guai;
le sue percezioni cambiano quasi a ogni gradino.

Il vero protagonista di questo romanzo, credo, è una disarmante contemporaneità, rappresentata da TV-spazzatura, dinamiche di potere, denaro, politica, luoghi comuni e collaudati modi di fare. E' una contemporaneità disgustosa, denudata e impoverita da un intento satirico e discreto che, credo, è molto riuscito. 

Sul monitor si vede Roberta in studio con un tubino rosso corto,
la luce sparata come sempre per farle evaporare qualunque segno dalla faccia.
Marcia dritta verso la telecamera, si tira un po' giù la gonna,
uno dei suoi gesti classici per apparire sexy.

Il  traino de Il teatro dei sogni, quindi, non è lo svolgersi della vicenda, il racconto in quanto tale, ma è a mio parere il significato di quelle due parole nel titolo, teatro e sogni, che danno sostanza e concretezza alla storia. 
C'è un teatro (fisico o no) ovunque si reciti, e recitare significa in fondo indossare una maschera, interpretare un ruolo altro dalla realtà; trasformarsi da persona a personaggio, riscontrare la propria perizia nello stupore degli spettatori, capire di essere capaci quando si ravvisa la reazione che il nostro recitare era mirato a ottenere. Il teatro, in questo senso, è a tal punto diventato parte delle nostre vite che nessuno pare voler fare caso all'evidenza, ai dati concreti, ai fatti, che pur sono sempre stati sotto gli occhi di tutti. Così è proprio il teatrare del nostro tempo l'oggetto dell'attenzione dell'autore, che scandaglia tra i cambi di scene e scenografia, ci invita a sbirciare nei camerini degli attori solo raramente, quando riprendono fiato e, forse, provano per un istante la tentazione di tornare a essere se stessi.
Dei sogni invece De Carlo non parla esplicitamente, se non verso la fine della storia; lascia che traspariscano tra le righe di una narrazione fluida e accessibile. Eppure i sogni sono inglobati nelle azioni di ognuno, si leggono tra i pensieri e le azioni, in mezzo allo sconforto e alla frustrazione; si incontrano a sorpresa nell'ostinazione incoerente di ogni personaggio a tener fede alla propria maschera e a non avere il coraggio di abbandonarsi a ciò che si è e si desidera.

                            Si guarda intorno, nella confusione di politici, figuranti e giornalisti. 
"E i vostri? Che sogni avete? Da dove vengono?
Dalle pubblicità? Da internet?
Oppure non ne avete nessuno? (...)"

Come sempre lo stile di De Carlo è asciutto e guizzante, ottenuto con un utilizzo diretto dei tempi verbali, declinati per lo più all'indicativo, a dare concretezza. Si percepisce fin da subito l'atmosfera grottesca della situazione, e l'intento satirico dell'autore, che però occhieggia ai suoi personaggi con tenerezza, quasi volesse ridicolizzarli con il solo intento di aprire loro gli occhi. Ci riesce, in fondo, ma purtroppo il lettore comprende facilmente che, alla fine della vicenda, poco o nulla cambierà: forse avverrà un miscuglio tra gli attori, nuove parti da recitare o nuovi copioni da imparare. Ma il teatro non si ferma. 
Di nuovo, l'eccezione è rappresentata dall'archeologo, scatenatore (in)consapevole dell'intera vicenda: bizzarro, anacronistico, ironico e sanguigno, pare infine che sia l'unico ad essere ben radicato nella realtà, l'unico a saperla affrontare e accogliere. 

In questo romanzo mi è mancata un po', lo ammetto, la disinvoltura linguistica di De Carlo, che ho sempre ammirato (e invidiato!) per la sua perizia nel dar vita a immagini concrete, solide, tangibili, giocando con la semplicità e la duttilità della nostra lingua. Qui mi è parso che la perizia dell'autore abbia lasciato spazio alla storia e al suo carattere, abbia voluto solo mostrare e non creare. Ancora, l'immagine del teatro non può non sorgere: questa volta chi scrive è un De Carlo più regista che romanziere, un direttore capace di cedere ai suoi personaggi la libertà linguistica, di registro e movenze, per mettere in scena lo spettacolo di cui vuole farci partecipi. 

Ho ammirato, infine, la furbizia con cui l'autore ha voluto inserire nella storia un cenno - un cenno soltanto - di tutto quello che ci sta accadendo, quasi a voler condividere la sua interpretazione personale della pandemia, senza disturbare - sfruttando la voce del nostro archeologo; ha voluto dare alla storia un ulteriore peso, una collocazione nel nostro tempo che la rendesse purtroppo più verosimile; non è caduto però nella trappola del giudizio e della narrazione dell'ovvio, e di questo gli sono davvero grata, soprattutto in questi giorni in cui, quasi una minaccia, all'orizzonte pare che si profili un nuovo blocco del nastro trasportatore che ci trascina a gran velocità verso il nulla. 
Meglio far scorta di buone lettura, via 😏 


Andrea De Carlo, 
Il teatro dei sogni
La nave di Teseo - € 20,00

Baci e buona lettura!
L.

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