Consigli di lettura (in punta di piedi): L'insostenibile leggerezza dell'essere

"Le metafore sono una cosa pericolosa. Con le metafore è meglio non scherzare. 
Da una sola metafora può nascere l'amore"


Dopo oltre vent'anni ho voluto rileggere L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera, che già al primo approccio mi aveva colpita e affondata. Oggi però credo di essere riuscita a goderlo sotto tutte le sfaccettature, dal lato narrativo e da quello metafisico, dalle particolarità strutturali a quelle storico-sociali. Ma da certi libri c'è sempre da imparare, a ogni rilettura.

Che dire? Questo è un libro assoluto, che affronta tanti e tali argomenti in profondità da renderne impossibile un riepilogo, se non infelice. Il libro tocca motivi che fanno parte della vita di ognuno di noi. Si parla infatti di amore, attraverso le storie incrociate dei quattro personaggi principali, di sogni e di debolezze, di paure e deviazioni; e si parla di sesso e del rapporto con il proprio corpo e quello degli altri. 

"Il corpo era una gabbia e al suo interno c'era qualcosa 
che guardava, ascoltava, aveva paura, rifletteva e si stupiva; 
questo qualcosa, questo resto lasciato dalla sottrazione del corpo, era l'anima".

Nel romanzo il tema del corpo e della nudità viene affrontato diffusamente, seppur dai punti di vista dei diversi personaggi, tre dei quali sono fortemente influenzati dalle imposizioni del regime politico ceco (altro argomento hot); la situazione politica, il rapporto con l'invasore russo e la vita controllata e manipolata con cui i cittadini vengono deprivati di ogni individualità e autonomia, sono alla base delle riflessioni dell'autore, che si spalmano qua e là per tutto il racconto.

Le attitudini e le tendenze più intime dei personaggi, influenzati dal quadro sociale in cui sono nati e cresciuti, spingono però verso altro: sono lo spunto per profonde riflessioni filosofiche sulla ragione dell'esistenza, dell'Io, del rapporto con gli altri. 

"Ciò che l'io ha di unico si cela appunto in ciò che l'uomo ha di inimmaginabile. Noi possiamo immaginarci solo ciò che nelle persone è uguale, ciò che è comune. L'io individuale è ciò che si differenzia dal generale, quindi ciò che non si può indovinare o calcolare in precedenza, ciò che nell'altro si deve svelare, scoprire, conquistare".

Anche il caso, la coincidenza, assumono un valore pregnante nel romanzo, quando l'autore si interroga sull'esistenza di un destino e arriva in apparenza a negarlo, attraverso lo studio e la teorizzazione di ciò che non può essere predestinato. O forse sì?

"Ma non è invece giusto il contrario, che un avvenimento è tanto più significativo e privilegiato quanti più casi fortuiti intervengono a determinarlo?
     Soltanto il caso può apparirci come un messaggio".

E ancora, caso e bellezza

"Perché proprio in questo modo sono costruite le vite umane. 
     Sono costruite come una composizione musicale. L'uomo, spinto dal senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale (la musica di Beethoven, una morte alla stazione) in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita. Ad esso ritorna, lo ripete, lo varia, lo sviluppa, lo traspone, come fa il compositore con i temi della sua sonata. (...) L'uomo senza saperlo compone la propria vita secondo le leggi della bellezza persino nei momenti di più profondo smarrimento".

Ogni riflessione scaturisce dalle azioni dei personaggi, ma Kundera sembra voler giustificare, comprendere, motivare ogni loro passo all'interno della scena, affinché nulla appaia al lettore imprevisto o incomprensibile; arriva così a parlare di emozioni universali, che poco c'entrano con il romanzo in sé, ma vogliono entrare nella vita di tutti noi, e vuole farlo anche attraverso ammonimenti, domande e tentativi di risposte:

"Chi tende continuamente «verso l'alto» deve aspettarsi prima o poi d'essere colto dalla vertigine. Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura".

Arrivando, attraverso ineccepibili percorsi logici, a interpretare comportamenti comuni:

"La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso".

La lettura però è piacevole. Scorre equilibrata tra momenti di azione e di riflessione che si compenetrano di continuo, in modo che qualsiasi intrusione del narratore non appaia fine a se stessa e, a lungo andare, non diventi noiosa. La sorpresa è assente dalla storia; forse per non trascinare l'attenzione sulla vicenda in sé, ma per tenerla ben salda sul personaggio che agisce via via, l'autore sceglie di svelare l'esito delle storie e delle vite dei personaggi senza creare affezione, a volte addirittura in anticipo rispetto allo svolgersi della narrazione. Kundera è un autore lucido, sa bene dove vuole guidare il lettore, e non gli dà spazio per rivolgere l'attenzione altrove. Si intromette, anche, il Narratore-Scrittore, che in alcuni passi si svela e aggiunge se stesso al palcoscenico dove si recita l'azione:

"I personaggi non nascono da un corpo materno come gli esseri umani, bensì da una situazione, da una frase, da una metafora, contenente come in un guscio una possibilità umana fondamentale che l'autore pensa nessuno abbia mai scoperto o sulla quale ritiene nessuno abbia mai detto qualcosa di essenziale. 
     Ma non si dice forse che un autore non può parlare che di se stesso?" .

L'autore cala la maschera, entra nella sua opera e condivide la propria ricerca: 

"I personaggi del mio romanzo sono le mie proprie possibilità che non si sono realizzate. Per questo voglio bene a tutti allo stesso modo e tutti allo stesso modo mi spaventano: ciascuno di essi ha superato un confine che io ho solo aggirato. È proprio questo mio confine superato (il confine oltre il quale finisce il mio io) che mi attrae. Al di là di esso incomincia il mistero sul quale il romanzo si interroga. Un romanzo non è una confessione dell'autore, ma un'esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato".

È in questo senso che L'insostenibile leggerezza dell'essere a mio parere è un libro assoluto, totale.
Non esiste una sfaccettatura della nostra umanità che non viene almeno sfiorata, in questo libro; è forte nell'autore l'appoggio della filosofia e della storia, e anche quello della cultura musicale e linguistica, ma serve soltanto da sprone: l'invito è a riflettere; su se stessi, sul generale e sul particolare. 
Sulle interpretazioni che diamo alle cose della vita, sulle parole che usiamo per definirle e sulle sensazioni che tali definizioni evocano in noi, in quanto esseri:

"Un dramma umano si può sempre esprimere con la metafora della pesantezza. Diciamo, ad esempio, che ci è caduto un fardello sulle spalle. Sopportiamo o non sopportiamo questo fardello, sprofondiamo sotto il suo peso, lottiamo con esso, perdiamo o vinciamo. Ma che cos'era successo in realtà a Sabina? Niente. Aveva lasciato un uomo perché voleva lasciarlo. Lui l'aveva forse perseguitata? Aveva cercato di vendicarsi? No. Il suo non era un dramma della pesantezza, ma della leggerezza. Sulle spalle di Sabina non era caduto un fardello, ma l'insostenibile leggerezza dell'essere".

Solo alla fine della storia, quando per tutta la narrazione gli eventi sono stati freddamente esibiti, in maniera quasi brutale e distaccata, un episodio legato al cane (e, per estensione, a tutti gli animali), ci riporta senza filtri alla nostra umanità. Un'umanità concreta, povera, terrena.
Questo libro è intenso e impegnativo, forse necessita di un approccio coraggioso, di un'attenzione peculiare. Ma credo sia una lettura da affrontare per tutti, prima o poi. Scende in fondo alla pancia e poi lì, lentamente, lavora per giorni... Per mesi... Per anni??

Buona lettura,
L.

Milan Kundera,
L'insostenibile leggerezza dell'essere,
Adelphi, pagg. 336, € 12,00














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