Il colore e le forme. Di dentro e di fuori.

Le giornate dell'ultimo mese rispecchiano alla perfezione il mio umore.

Ci sono giornate nere e tristi, giornate rosse di rabbia e nervosismo. Giorni grigi e fastidiosi, oppure di un verde timido e tenero che suggerisce leggerezza e buonumore. 

Da sempre i colori mi accompagnano. È da un po' di tempo che ho preso l'abitudine di osservare IL colore della mattina, forse per tentare di indovinare i segreti che il giorno ci riserva; nella mia orsite dilagante il mattino ho sempre meno voglia di parlare e più di guardare in silenzio ciò che mi circonda. Mi piace mettere in ordine i pensieri e fissare le luci, le ombre, la luminosità dei prati; le colline, le sfumature tra le foglie degli alberi e le nuvole. Ah, le nuvole! Mia grande passione. Forme in eterno mutamento, gonfie, lisce, tirate. Pettinate o arruffate. Dall'aspetto di una caricatura o di un'aquila in volo, oppure di un pesce o di una mano... Le nuvole sono uno scatenatore di fantasia. Non mi importa se sono grevi di pioggia, le nuvole mi rincuorano e mi danno la sensazione che niente sia definito, che ogni posizione può cambiare in un istante, può sciogliersi e diluirsi in altro.

Così, la mattina, questa è la mia prima attività. Osservo. Cerco di capire se il colore del di fuori assomiglia al mio. Ho notato che da qualche settimana lo stato atmosferico, la temperatura e le tonalità dei paesaggi sono curiosamente allineati con le mie sensazioni; me ne stupisco, anche, perché il mio stato d'animo ha la capacità di variare a una velocità ipersonica, e difficilmente nell'arco di un giorno "resto" dello stesso colore. Eppure, che sorpresa! Nella solitudine imposta, nella quasi totale assenza di confronto con esseri umani che non fanno parte della mia famiglia, ecco, scopro che confrontarmi con il paesaggio intorno a me mi dà sollievo.

È un sollievo fine a se stesso, perché fine a se stesso è, peraltro, il problema: qual è il limite di riconoscere noi stessi, se non esiste un confronto quotidiano e costante con l'altro? È da tanto tempo che anche in casa soffriamo del distacco e dell'assenza, e tutto ciò, aggiunto alla situazione eccezionale in cui viviamo, fa sì che a volte prevalga lo sconforto. Mi chiedo a quanti strappi sapremo resistere, quanta elasticità c'è nelle relazioni tra persone che si amano, tra amici, tra fratelli, tra marito e moglie e genitori e figli. Mi chiedo fino a quando si può tendere, questa gomma che ci unisce, prima che si spezzi. Qual è il limite? Il limite mio, il limite degli altri? È lo stesso, segue una metrica predefinita o è individuale e dipende dalle situazioni, dipende dal di fuori? E che ne so. Sono tutte domande che, naturalmente, non trovano risposta. 

Eppure mi sembra di percepire che questa stramba abitudine, quella di testare giornalmente se ciò che io sono si accorda con ciò che è intorno a me, con ciò che mi circonda, ovvero con ciò che a tutti gli effetti è il mio mondo concreto, sia un esercizio salutare. È un modo per sentirmi parte di. E soprattutto di essere presente a me stessa, malumori nonostante.

Oggi la mattina prometteva male. Nuvole basse e gonfie di pioggia, irregolari. Qua e là qualche raggio di sole che bucava le nubi e si lanciava verso terra. E poi, in mezzo a tutto questo, in mezzo a un verde giovane e sfrontato, spruzzi quadrati di giallo. Giallo intenso, giallo importante e deciso, promettente. Un sorriso, insomma, sufficiente a illuminare la giornata; e chi se ne frega di tutti i problemi e i pensieri che si vestono di bigio.

E sì, anche oggi mi sono allineata. Il mio umore è perfetto per questa giornata.

Oggi sono gialla su grigio. Pantone dell'anno, oh yeah!

Voi di che colore siete?

Baci,
L.




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