Ho già espresso le mie preoccupazioni sul Coronavirus nel mio POST precedente , e in seguito alle disposizioni governative sto seguendo le istruzioni e me ne sto buona buona a casa, lavoricchiando e facendo in linea di massima quello che preferisco: leggere. Così sono da poco riemersa da una lettura lunga e impegnativa, che avevo quasi timore di affrontare ma che invece, naturalmente, mi ha dato molti spunti di riflessione. Il libro in questione si intitola 4321 e l'ho acquistato qualche mese fa senza aver letto alcuna recensione, senza sbirciare nella quarta di copertina, spinta soltanto da un impulso affettivo; l'autore, Paul Auster, è stato infatti uno dei miei preferiti in giovinezza: ho adorato Trilogia di New York, in particolare Città di Vetro , ho amato La Musica del Caso e Mr Vertigo, che mi aveva appassionato e su cui a suo tempo avevo scritto una tesina brillante. Per non parlare di Smoke e Blue in the Face , da cui sono stati tratti due film icona con Harvey
All'incirca un anno fa, al termine della scorsa estate, ho litigato con la mia migliore amica. In realtà non è stato un vero e proprio litigio, niente discussioni, niente urla, niente offese. Niente di niente, per la verità. Ho solo sentito che un muro compatto di dolore, di frustrazione, di rabbia e incomprensione si è innalzato tra di noi, con la rapidità di una freccia scagliata che centra il suo bersaglio. E' stato tremendo. Lei, la mia amica da sempre, la confidente di ogni segreto, il supporto dei momenti più neri e il sostegno in ogni impresa, all'improvviso per me era un'estranea. Ho masticato la freddezza, accarezzato il distacco, accolto la tristezza. Ho sperato per un istante che si trattasse di una nuvola passeggera buttata sopra di noi da un volere bizzarro, in un fare fantozziano, solo a ricordarci delle nostre umane fragilità. Invece. Invece di lì a poco ho avuto il mio incidente , ciò che mi ha paralizzata per settimane e mi ha resa incapace di fare, ma
"Si difendevano ostentando dignità, i gerani alle finestre, lo zerbino pulito, le etichette sul citofono tutte uguali". In questo tempo, che definire strano è riduttivo, mi trovo a fare quel che più mi piace (leggere) con uno spirito un po' diverso dal solito. E' come se ogni pagina potesse acquistare un significato diverso, soltanto perché viene affrontata in un momento in cui, appesantiti da preoccupazioni e da un blocco oggettivo, fisico, l'unica cosa libera di vagare è la fantasia. Così pare che le descrizioni, le atmosfere, i colori, e le caratteristiche di ogni personaggio possano penetrare di più, possano aiutare maggiormente in un'evasione che forse è solo mentale, ma che da un certo punto di vista è quella più violenta e totale a cui possiamo aspirare. La mente non si può chiudere in gabbia! Con questo spirito - e perdonate la digressione - ho letto in questi giorni un romanzo d'esordio, Il giorno mangia la notte di Silvia Bottani. Si
E così ci siamo di nuovo. L'ultima settimana di agosto è iniziata, e al suo termine sarà già settembre. Ovvero il momento di riprendere le redini, di tornare alla concentrazione, di ripartire. Ogni anno ho la percezione che l'arrivo di settembre consista in un nuovo inizio, come se le vacanze servissero più che altro a salutare ciò che è già stato, a prepararsi al nuovo in arrivo. Quest'anno, beh. Mai così. Il 2023 si è rivelato finora un anno decisivo per me, o, come diceva il mio oroscopo, "risolutivo". In effetti. La mia vita sta cambiando, anzi è già cambiata, e tutto ciò che prima mi forniva delle sicurezze, persino le consuetudini più banali, oggi non c'è più. Tutto è diverso, nella percezione, nei dati di fatto. Ogni avvenimento è una sorpresa e ogni passo che compio, seppur piccolo, è un passo di ricostruzione. Tutto è per me, in questo periodo, una novità. Dopo tanto tempo mi trovo a dover pensare a me stessa, a pensarci seriamente, a pormi delle
"Orfani. Siamo orfani. L'assenza materna è stata una costante nella nostra vita. Non percepiamo più la solitudine, perché siamo noi stessi l'essenza della mancanza. La perdita, come un lago senza acqua sul cui fondo, arido, si intravedono le crepe della terra asciutta. La nostra leggerezza è pesante. Un masso che ha fracassato il vaso dove Pandora ha chiuso a forza e in profondità sentimenti atavici. Nascondiamo le ferite sotto strati cortisonici di ironia. Ridiamo a crepapelle nascosti dietro il cerone malinconico di pagliacci sghembi." Oggi voglio parlarvi di questo breve romanzo, L'abito della festa , che, pur nella sua brevità, è stato capace di toccare in me corde molto profonde. L'autore affronta l'argomento della morte, e lo fa su un doppio binario: da un lato analizza la miseria di ciò che resta, il corpo senza vita - e gli porgo i miei complimenti perché riesce a farlo con una delicatezza ammirabile -, dall'altro lascia che emergano il dolor
Ecco, finalmente sono riuscita a consegnare questo regalo, confezionato per il compleanno di un'amica... Oh quanto mi diverto a dipingere i progetti di Terrye French!! Il vaso - mi hanno detto che sembra di biscotto - è un banalissimo vaso di vetro che in origine conteneva, mi pare, una giardiniera di verdure, o una marmellata... Beh, quando ne trovo di così lisci, con ampia superficie decorabile (!!) io li conservo sempre... Prima o poi tornano buoni, e sono sempre un regalo gradito; perché, insomma, in fondo siamo donne e la cucina è il posto dove esercitiamo il nostro istinto di possesso... La cucina - ne sono troppo convinta! - è il vero regno della padrona di casa: in tutti gli altri ambienti si condividono gli spazi, e (almeno a casa mia) non vige un concetto chiaro di "ordine"... sob... Chiunque passa lascia un senso di sé e un ricordo del suo passaggio, un'impronta visibile che, unita a quella di tutti i componenti della famiglia, rende viva una casa.. Ma la
"Inviolabile quale tribuno, come imperator [Giulio Cesare] guidava le truppe, da pontefice massimo era la massima autorità religiosa. In Senato aveva il diritto alla prima parola, la sua domus era sormontata da un frontone come i templi. Era il nuovo Alessandro Magno, il Macedone della Repubblica imperiale, quindi dell'intero Occidente. Ogni magistrato gli doveva obbedienza, i senatori gli dovevano deferenza. E i tribuni della plebe non potevano opporgli il veto." È con questa significativa citazione che voglio introdurre il saggio Il secolo maledetto di Roma Antica , in cui Roberto Toppetta, giornalista, saggista e autore del romanzo Il buio in testa , affronta le lotte intestine e i tumulti che hanno portato a Roma alla caduta della Repubblica e alla nascita dell'Impero. Tramite un linguaggio semplice, chiaro, privo di ornamenti, così come è facile notare dalla citazione di cui sopra, l'autore ci conduce in un viaggio affascinante attraverso i protagonisti d
Trooooopo carino! BRavissima!
RispondiEliminaun abbraccio
simona