Tra la preoccupazione e la paura



Sapete, io non sono una persona che solitamente si fa prendere dal panico. Anzi, paradossalmente è proprio nei momenti di panico che la parte più razionale e calcolatrice della mia persona viene fuori. Non sono nemmeno una persona superficiale, o che prende sottogamba le situazioni. Ebbene, in questo momento di emergenza per il Corona Virus mi sento confusa.

Le notizie che arrivano sono contrastanti ma, se devo tirare una somma dell'ultima settimana, mi appaiono sempre più allarmanti. Non ho mai commentato né condiviso alcuno dei post che ho letto su Facebook o sugli altri social, nemmeno quelli "sdrammatizzanti" su cui ho riso, nemmeno quelli con cui mi sono trovata d'accordo. Mi rendo conto che per ogni interpretazione esiste il suo contrario, per ogni azione positiva esiste una ripercussione negativa, o più. Avverto la percezione distorta della situazione che a volte purtroppo è una sorta di autodifesa dalla paura tirata al limite. E' complicato anche prendere una posizione.

Però. 
Però oggi mia sorella mi ha telefonato e mi ha detto che è in casa con la febbre a 39°, e nonostante le scuole a Brescia siano chiuse ormai da più di due settimane con lei vivono le mie nipotine, in età di asilo e di scuola media, e mio cognato che, come mia sorella, lavora in un negozio di catena. 
Però a Brescia c'è tutta la mia famiglia, compresi i miei genitori che hanno una certa età, e anche se non sono propriamente "anziani" so che mio padre è un soggetto a rischio per una pregressa situazione di salute. Ci sono i miei suoceri, che invece girano intorno agli ottanta anni, e che combattono dalla scorsa estate con bronchiti e polmoniti e influenze, e quindi sono altri soggetti a rischio. 
E a Brescia ci sono tutte le persone che amo, i miei amici e le loro famiglie, i loro figli, i genitori, i nipoti. 
Però.
Però potrei estendere ulteriormente il mio ragionamento, perché ho un'intera comunità di persone care che non vivono proprio a Brescia ma in provincia, o in zone diverse ma sempre al nord. C'è un'amica, con marito e due figlie, che vive poco lontano dal focolaio di Codogno. Ci sono amici nel milanese, nel veronese, nel padovano, nel bergamasco. Potrei continuare, se appena ci penso la lista si fa lunghissima.
E ho un marito che per lavoro deve viaggiare, deve incontrare persone, deve muoversi in luoghi sempre affollati.
Però.

Però continuo a sentire che le misure precauzionali sono eccessive, che le attività commerciali sono in ginocchio, che è tutta una bufala, che si tratta poco più di un'influenza.

Però vivo in Umbria, quella che pareva finora una delle regioni più protette, e in pochi giorni ci sono già sedici casi segnalati. 
L'altro giorno sono andata alla mia usuale seduta di fisioterapia, e all'improvviso mi sono resa conto che mi urtava essere in un ambiente tanto frequentato, soprattutto da persone che arrivano da tutta la provincia, che hanno varie età, che bazzicano dentro e fuori dagli ospedali perché, come me, sono reduci da incidenti o malattie. Poi ho dovuto constatare che durante una seduta di fisioterapia è IMPOSSIBILE evitare un contatto fisico e stare a più di cinquanta-sessanta centimetri di distanza, perché la fisioterapista mi deve manipolare, e intanto ci parliamo e potenzialmente ci scambiano ogni sorta di virus o batteri per via aerea e tramite il tatto. E ho dovuto ricordare che due settimane fa lei era di servizio a Città della Pieve, dove sono stati segnalati i primi casi. E, sapete, quello che mi ha più stupito è l'allarme negli occhi della fisioterapista stessa, che ogni giorno è a contatto con decine di persone e la sera deve tornare ai suoi bambini, al marito, ai genitori o all'anziana nonna. Nessuno in ambulatorio ha avuto indicazioni di misure preventive, se non mantenere una certa distanza (IMPOSSIBILE) e lavare le mani frequentemente. Ho notato che ora gli operatori disinfettano ogni lettino, ogni attrezzo e ogni superficie ogni volta che un paziente se ne va, ma che è uno scrupolo che hanno scelto di attuare in maniera del tutto autonoma. Hanno le mani legate e si sentono esposti a un rischio, ma sono operatori sanitari e quindi non si tirano indietro. Anzi, tutti quanti stanno dando disponibilità per turni volontari di sostegno agli ospedali, in caso di bisogno.

Ora. Capisco il nostro bisogno - più che umano - di sdrammatizzare, e di non voler cedere a uno spettro di cui ancora si conosce tanto poco, e che forse non temiamo perché non è la peste, no?, e perché oggi non possono esserci pandemie, con la conoscenza e la tecnologia e la possibilità di igiene che abbiamo. Però. Stamattina ho ceduto, lo ammetto: ho spostato le prossime sedute di fisioterapia a data da destinarsi. E sto pensando ai prossimi appuntamenti che ci sono in calendario, dentista o visite di controllo, e mi sono detta che deciderò all'ultimo se andarci o meno. 
Eppure ho una sensazione forte: non è paura, la mia, ma preoccupazione. Credo che dovremmo essere tutti ormai un poco preoccupati, e che forse questa preoccupazione sarà quella che ci ricorda di fare attenzione, di evitare luoghi in cui c'è troppa gente, evitare contatti fisici a cui siamo estremamente abituati, evitare se possibile treni o pullman o situazioni di "ammassamento".

Sono contenta che finalmente il governo abbia deciso di chiudere le scuole, e non me ne vogliano i genitori che si trovano a dover fare i salti mortali per accudirli. Non me ne vogliano i nonni. Spero che le manovre di sostegno alle famiglie siano reali e rapide, ma soprattutto spero che i genitori che ne hanno la possibilità in questo momento approfittino di giorni di permesso, di ferie, di aspettative. Mi auguro che chiunque lo possa fare lavori da casa. 
Non è paura, ma sono convinta che oggi dovremmo essere tutti quanti il più possibile responsabili. 

Mi auguro che questo momento di preoccupazione non si trasformi in panico, che tutti quanti cercheremo di usare il cervello. Mi auguro che questo rallentamento forzato ci aiuti a riscoprire dei ritmi più umani, a ritrovare il gusto di vivere la nostra casa, le nostre famiglie.
E chi se ne frega se la noia è in agguato: c'è la Tv, i film in dvd o su Netflix o su Sky o eccetera eccetera, ci sono i giochi in scatola, ci sono i disegni e le parole crociate, ci sono i libri (e per quanto mi riguarda... Piatto ricco mi ci ficco!). 

Abbiamo le mani legate, meglio non lamentarsi, impiegarle in qualcosa. Forse meglio evitare l'accanimento su Facebook, a mio parere.
Meglio forse una passeggiata o un giro in bici che un pomeriggio al cinema, per qualche tempo.

Preoccupati sì, nel panico no, quindi. Ottimisti, altroché!
Mi viene alla mente il pensiero dell'anonimo ottimista di Castenedolo, che stringo in un abbraccio virtuale: TUTTO ANDRA' BENE.


Pensiamolo, sì.
Di certo il 2020 sarà un anno che per molti aspetti ricorderemo.

Baci,
L.

Commenti

Post popolari in questo blog

Consigli di lettura: 4321 di Paul Auster (e altre considerazioni)

Sull'Amicizia (un altro racconto autobiografico)

Consigli di lettura: IL GIORNO MANGIA LA NOTTE di Silvia Bottani

Rientri, ritorni, nuovi inizi

Consigli di lettura: L'ABITO DELLA FESTA di Anthony Caruana

Morale della favola...

Consigli di lettura: IL SECOLO MALEDETTO DI ROMA ANTICA di Roberto Toppetta