L'unico antidoto


E' un periodo difficile per tutti noi. 
Per chi è più consapevole, per chi è stretto nelle maglie della disperazione e per chi ancora ne sente "solo" parlare e magari pensa a falsi allarmismi, a complotti o a che altro.

Si legge di tutto. Tanto che fa venire la nausea, tanto che a un certo punto non se ne può più. E allora si va alla ricerca di leggerezza, ma anche quella pare a volte troppo, sembra fuori luogo, striscia sulla pelle come non riuscisse ad aggrapparsi e a penetrare e scivola via subito.

Non è il momento per la leggerezza. Ma non è neppure il momento del panico, né del rifiuto, né della paura. E' il momento della consapevolezza. Della giusta preoccupazione, ma anche di mettere a prova noi stessi: non si può lasciarsi andare, non si può far finta di niente, non si deve cedere alla disperazione, e nemmeno fingere che, siccome non ci tocca da vicino, non sta succedendo nulla. STA SUCCEDENDO! Sta accadendo quello che le nostre menti piccole e ammaestrate erano convinte non sarebbe potuto più succedere, non nel XXI secolo, non in occidente, non in Italia, non in Lombardia, non a Brescia, non a casa mia!!
Invece ci siamo in mezzo, e non ci resta altro che vivere anche questo momento, questo mostro, questo virus che ci sta piegando. 

Io non lo so se ci sono ricette o trucchi per vivere al meglio questo periodo che definire assurdo sembra poco. Sento, leggo, che la permanenza forzata in casa per molti è pesante; che la convivenza  altrettanto forzata (con i nostri familiari) è pesante e capace di creare squilibri e crisi ben più profonde di quelle affrontate finora. E' inutile suggerire di leggere, di fare ginnastica in casa, di guardare film o praticare i propri hobby. Il malessere che sta emergendo è qualcosa di altro, qualcosa che già era latente e che ora ci troviamo, nostro malgrado, a dover fronteggiare. Ci sono i figli, che stanno scoppiando e si annoiano e danno il tormento. Forse non c'è altro da fare che lasciarli annoiare. E' un loro diritto, come è un loro diritto sapere che in questo momento eccezionale c'è bisogno anche della loro consapevolezza e del loro sostegno, quello che possono dare. Anche se mi permetto di guardare i miei figli e noto che hanno preso l'impegno - ormai quotidiano - delle lezioni online in maniera responsabile e inevitabile, e non se ne lamentano, rispettano il loro impegno. E si innervosiscono, certamente, nella loro vita all'improvviso manca quel contatto quotidiano e sociale che per la crescita è necessario, manca il confronto, mancano i patemi giornalieri. Ma è necessario che anche loro esercitino la pazienza e vivano questo momento, con le paure e i dubbi che scatena nei loro animi.

Non ci sono trucchi per andare avanti, immagino; dobbiamo ricordarci che siamo esseri umani, siamo persone che amano, soffrono, che hanno debolezze, che davanti a ciò che ci rende impotenti siamo fragili e non abbiamo difese.
Credo che l'unico antidoto sia esercitare l'empatia, lasciare più spazio all'amore. Io in questo momento ho accantonato tutti i dissapori e le ragioni e i torti, e mi limito a lasciar scorrere quello che provo. Non importa se sembro un'ingenua, ma provo a non soffermarmi su pensieri negativi e a non dare spazio al pessimismo. Penso alla mia famiglia, sempre, come non ho fatto mai. Penso ai miei amici, ai conoscenti che purtroppo stanno perdendo i loro cari, a tutte le persone che amo e che sono lontane, anche a quelle con cui non posso parlare, che vorrei sentire, che vorrei abbracciare, che vorrei baciare. Questo virus mi ha fatto capire ancora di più che il tempo non è eterno, e che ognuna delle persone che transitano o sono transitate nella nostra vita ha avuto un ruolo, un'importanza.

E così mi trovo a vivere nuovamente un rapporto di amicizia come non facevo fin da quando ero adolescente, con telefonate quasi quotidiane; o a buttare del tempo chattando con persone lontane, con quell'amico un po' orso con cui prima mi sentivo tre volte all'anno. Accolgo la preoccupazione di mio padre, appena velata dal suo solito tono noncurante. Ascolto le parole meccaniche di mia madre e forse per la prima volta nella mia vita mi fanno piacere anche quelle. E mi accorgo dei ruoli che si invertono, sono io a raccomandarmi, ora: state in casa, non uscite. State in casa PER FAVORE. Perché sono preoccupata, sì, per tutti coloro che non sono qui, che non posso toccare. A tutti lo dico, lo chiedo: state in casa per favore, state attenti! Mi sento una vecchia brontolona ma non me ne frega niente. Ho bisogno di dirlo, sono preoccupata. 

Così tolgo tempo alla mia solitudine e lo investo in chiacchiere. Sento che mi fa bene, e spero che faccia bene a tutti. Questo è l'unico antidoto che ho in questo momento, sapere che non sono sola, e che non lo siamo. Bisogna ricordarselo, perché purtroppo l'isolamento ci fa sentire abbandonati a noi stessi, ma non è così, non lo siamo. Possiamo darci una mano scambiandoci ricette, fotografie, telefonate, consigli di lettura o di buona musica. Possiamo esercitare i nostri talenti per far star meglio qualcun altro, possiamo dire una buona parola per regalare un istante di gioia o di serenità. Possiamo provare a far qualcosa che non facciamo mai, per non cedere a una routine snervante. Oppure possiamo svenire sul divano davanti a Netflix, se ci fa stare bene. 
Ma non molliamo.

Oggi è primavera, e da me basta un passo in giardino per accorgersene. 
La vita, indipendentemente dal virus, sta andando avanti. 
Non lo so come ne usciremo, né quando, né con quante ferite in più. Ma so che è meglio non lasciarci andare. E' meglio stare in silenzio piuttosto che urlare cattiverie o spargere stupidità. 
Quello di cui sono certa, è che quando ne saremo usciti sarà tutto diverso. Io non credo che tutto tornerà come prima, e penso fortemente che bisogna iniziare a cambiare fin d'ora, ognuno per sé, e cercare di aumentare la nostra apertura, la nostra capacità di accogliere, di amare, la nostra insicurezza.

Perché l'unica cosa che so è che in questo momento tutte le nostre insicurezze si stagliano davanti a noi. Non si può che abbracciarle.

Grazie al web, quello dell'informazione "sana", quello che ci consente di stare in contatto.
Grazie agli amici che ci sono e che hanno ancora voglia di giocare, senza per questo essere superficiali.
Grazie a chi nonostante tutto ci porta la spesa, ci toglie un problema.
Grazie a dottori, infermieri, tutti. 
Grazie anche a chi sta subendo il dolore di un lutto e lo sta condividendo, per aiutare tutti noi. 

Siamo in bilico tra la disperazione e la speranza, e penso sia giusto e umano.

Vi lascio con qualche parola da una canzone che sembra cadere a "fagiolo":

"There is a thin line 
between hope and desperation
There is a thin line
between love and self destruction

I walked this line a thousand times
and there's only one thing I can say to you

If you want to touch pureness
If you want to touch grace
If you want to touch beauty
You've gotta cross the line
from side to side".

(TAO, Between Hope and Desperation)

A presto,
L.


Commenti

  1. Grazie per quello che hai scritto. Porteremo nel cuore queste parole. Love, V

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