Leggere per piacere, leggere per lavoro

Rieccomi qui, buona settimana!

Sto attraversando un periodo lavorativamente molto intenso, e così capita mio malgrado di tralasciare il mio blog, anche se è l'ultima cosa che vorrei!

Comunque, per oggi rubo un po' di spazio a qualcos'altro e riprendo il discorso che avevo iniziato qualche settimana fa. Tentavo di rispondere ad alcune domande che mi vengono poste con una certa frequenza, soprattutto sull'argomento "leggere". Proseguo allora con una delle questioni che periodicamente si ripropongono, ovvero: 

leggere per piacere leggere per lavoro: c'è differenza?

Andiamo con ordine. Ma chiarisco subito un concetto base: leggere per me è sempre un piacere, altrimenti sarebbe impossibile farlo per lavoro. 

Comunque, sì: c'è una certa differenza. Innanzitutto, cosa significa leggere per lavoro? Nel mio caso possono essere diversi momenti. Spesso si tratta di studio: cioè devo approfondire un determinato argomento e così faccio ricerche, e posso trovarmi a leggere un manuale, oppure un'opera di narrativa finalizzata alla mia ricerca, perché si articola intorno allo stesso argomento che sto cercando di approfondire; ancora, può trattarsi di informazioni che reperisco sul web, e quindi scarico pagine su pagine, interviste o articoli o documenti. In tutti questi casi, come potete immaginare, non si tratta mai di una lettura passiva, ma di una raccolta e cernita dei dati, che nel mio caso corrispondono a estrapolazioni di passaggi, schemi riassuntivi, appunti, memorandum e chi più ne ha più ne metta. Direi che è una modalità molto simile a quella dello studio tradizionale, forse più universitario, dove l'obiettivo è trovare il filo logico tra vari testi (o altre fonti) e rielaborarlo. La situazione che mi si presenta, dopo un po', è più o meno questa:

Si tratta di un'attività faticosa e lunga - ma molto importante per me - che pratico soprattutto quando mi trovo in una di queste situazioni:

1) Quando inizio a lavorare a un mio progetto: è un atto documentaristico, serve a verificare che tutto quello che voglio raccontare, soprattutto riguardo a un luogo, una tradizione, un personaggio, sia verosimile e il più dettagliato possibile. Serve anche a non cadere nei tranelli: spesso la scrittura, sebbene sia nostra, diventa una sorta di "scatola cinese"; il filo logico ci porta da un passo all'altro, da una scena all'altra, da una descrizione all'altra, ed è più facile di quanto si immagini rimanere intrappolati in una situazione artificiosa, a volte senza nemmeno accorgersene. Così, io preferisco giocare d'anticipo, studiare e prepararmi e raccogliere una marea di informazioni, anche se poi, effettivamente, non mi saranno utili. L'importante è che io abbia le idee chiare.

Volete un esempio? Durante la stesura di Siamo come le lumache mi sono trovata a dover raccontare un passo in cui la mia protagonista parte in treno da Ancona per arrivare a Milano. Ebbene, ho studiato tutti gli orari dei treni di un giorno feriale (parlavo di un lunedì), in quel periodo dell'anno (stavo ambientando la vicenda alla fine di maggio); ho deciso poi su quale treno farla "viaggiare", mi sono segnata le tappe, le fermate, gli orari di partenza e di arrivo a ogni fermata, fino a destinazione (già che c'ero, al treno ho fatto fare anche più di un'ora di ritardo!). Insomma: nel libro non c'è nulla di tutto questo, non compare un orario: ma è servito a me per immaginare, per raccontare quel momento preciso, per collocare il viaggio all'interno della giornata. Per evitare di scrivere qualcosa che non fosse credibile. 

2) Quando lavoro con un autore, o sul testo degli altri: lavorare con un autore, o sul suo lavoro, significa tentare di entrare nella sua testa, nel suo stile, nelle sue attitudini. Non è sufficiente leggere, ma è necessario verificare, verificare tutto! Come dicevo prima, è facile cadere nei tranelli, quindi bisogna andare a scovare ogni minima piega del testo, in cui qualcosa potrebbe essere sfuggito. Inoltre, spesso nei testi altrui si parla di argomenti che non ci sono noti: e allora via, ancora, a cercare, a capire, a imparare.

3) Quando mi viene commissionato un articolo, o un testo in genere: è vietato fare le cose in maniera approssimativa! Di qualsiasi argomento si tratti, anche il più noioso, anche quello che mi interessa meno, anche quando si tratta di un testo promozionale... beh, prima di iniziare a scrivere devo capire e conoscere esattamente quello di cui andrò a parlare. Anche in questo caso, nella normalità il committente mi fornisce informazioni e chiarimenti, e anche i punti che vuole evidenziare, ma, come capita di sovente conoscendo bene la sua materia, tende a scordare alcuni dati, a darli per scontati, quando invece per me sono fondamentali.

Quindi, per riassumere, leggere per lavoro presuppone innanzitutto lo studio. Il passaggio successivo però è porre un'attenzione particolare: non possono sfuggire i dettagli. Una parte fondamentale è rimanere concentrati sulle argomentazioni e sulle dinamiche, controllare che non ci siano incoerenze, incongruenze, dati non verosimili. Un esempio: in un romanzo che ho controllato di recente veniva citata una manifestazione sportiva piuttosto nota; il problema è che la prima edizione di questa manifestazione è stata nel 1975, ma il romanzo era ambientato negli anni Trenta!

Insomma, è complicato. Le antenne vanno mantenute all'erta. In questo senso, quando si lavora, la lettura non è un'attività distensiva, anzi, proprio il contrario. Ci si stanca facilmente, e quando accade è necessario fermarsi: la stanchezza non è mai amica dei dettagli. In ogni caso, lo dico francamente: il mio è un lavoro che amo moltissimo e che mi è congeniale, e mi consente di imparare tante cose che non conosco, di avvicinarmi a mondi per me sconosciuti... Anche se spesso la mattina ho gli occhi talmente gonfi che quasi quasi in faccia non li trovo! 

Invece, cosa significa leggere per piacere? Beh, il concetto è intrinseco nell'espressione. Leggere un libro, meglio se un buon libro, è appagante. Arricchisce. Aiuta a dilatare la mente, a sentirsi sempre in discussione perché, immedesimandoci nelle situazioni o nei personaggi, ci si pone diverse domande; prima fra tutte: «Cosa avrei fatto io in quell'occasione? Come mi sarei comportata, cosa avrei detto? Mi sarei arrabbiata, sarei stata felice? Ce l'avrei fatta? Sono così forte, sono tanto debole?». Eccetera, eccetera. Trovo che sia di un'utilità incredibile, non per "assentarsi" dal mondo, così come tanti credono, ma proprio per il contrario: per sviluppare una capacità critica che poco altro ci dà, ed essere così in grado di "districarsi" tra le cose del mondo, con più strumenti, più possibilità. O, almeno, questo è l'effetto che la lettura ha su di me! 

A proposito di piacere, sabato mattina ho fatto colazione in libreria con la mia amica, e mi sono fatta il regalo di compleanno, che godimento.... 


(So già che qualcuno mi chiederà i titoli di questa selezione, eccoli qui: "Lacci" di Domenico Starnone; "Una vita come tante" e "Verso il paradiso" di Hanya Yanagihara; "Circe" di Madeline Miller; "Spatriati" di Mario Desiati; "Libri che mi hanno rovinato la vita" di Daria Bignardi). 
Spero che siano buone letture, vi aggiornerò via via!

Baci,
L.

Commenti

  1. o apprezzato la tua analisi non anticipare il tuo compleanno anche se e vicino
    buona giornata.Ciao

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